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Museao ebraico, Berlino D. Libeskind |
Nel novembre
del 1988 a New York si apre la mostra dal titolo Destructivist Architecture,
nasce una nuova sensibilità: l’architettura diviene frammentata, dinamica,
violentemente anticlassica, ovvero decostruttivista.
Il
decostruttivismo consiste nel ribaltamento dei canoni tradizionali dell’architettura,
la facciata principale non è più omogenea e formale ma il suo stile è legato
all’estetica del casuale: contrasti tra i materiali, forme stravaganti e
nessuno schema ricorrente. Lo sguardo è obliquo, diagonale, inaspettato e può esplodere
in contraddizioni e tensioni.
Libeskind è
uno dei sette architetti che partecipa alla mostra newyorkese. La sua filosofia
si fonda sui ragionamenti di Eisenman con cui collabora all’inizio della sua
carriera e trae origine da numerose discipline, molteplici culture con cui si
confronta e dalle sue stesse radici.
Nella metà
degli anni ’80 è uno sperimentatore eccentrico e i suoi ragionamenti prendono
forma con la costruzione di macchine astratte accompagnate da schizzi in cui
appare evidente la forza rappresentativa della linea.
La linea di
Libeskind rompe, si estende, non si limita racchiudendosi in piani, si muove
liberamente, zigzaga nello spazio e lacera i corpi che incontra.
Le linee non
creano spazi ma veri e propri universi nuovi e con enormi potenzialità
esperenziali.
Il concetto
di stratificazione è molto caro a Libeskind poiché il layer rappresenta la soluzione al mondo contemporaneo lacerato in
tanti pezzi che necessita di essere considerato nel suo insieme.